Ognuno di noi, prima di uscire di casa, osserva allo specchio la propria immagine riflessa. Fissiamo la nostra attenzione su quel brufoletto germogliato durante la notte al centro del naso e ci preoccupiamo del fatto che lo possano notare le persone che incrociamo nella nostra quotidianità; provvediamo a mascherarlo con del trucco adeguato o semplicemente lo accettiamo affrontando la nostra routine con questo scomodo compagno di viaggio.

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Se decidiamo intervenire per mimetizzarlo, lo facciamo sul nostro viso: sulla nostra fisicità, non ci arrabbiamo contro lo specchio perché proietta quell’immagine di noi che non ci piace, non stendiamo del fondotinta sul vetro per correggere l’imperfezione, semplicemente ci rivolgiamo verso noi stessi. Il medesimo meccanismo indicato per il nostro aspetto esteriore opera, analogamente, per le questioni che riguardano il nostro mondo interiore, il nostro sé più profondo.

 

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Chi ci fa da specchio in questo caso, non è un oggetto materiale bensì le persone che incrociamo durante le nostre frenetiche giornate: dal fornaio gentile dal quale ci rechiamo per prendere il pane, allo scorbutico collega di lavoro col quale dobbiamo condividere la scrivania tutti i giorni, al figlio adolescente pieno rabbia contro la società.  In che modo avviene ciò? Ognuno di noi possiede una parte invisibile agli occhi chiamata inconscio, di cui non ne siamo del tutto consapevoli, all’interno della quale sono registrati le credenze limitanti derivate dagli insegnamenti che ci sono stati impartiti dalla nostra famiglia durante l’infanzia, dal credo e dalla società, le esperienze vissute che ci hanno profondamente segnato e tratti del nostro carattere che abbiamo represso per dare un’immagine di noi che fosse apprezzata dal sentire comune.

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Tutto questo bagaglio non è mai morto in noi ma è vivo e vegeto ed opera nella quotidianità in maniera sotterranea emettendo determinate vibrazioni, e l’unico mezzo che possiede per giungere alla coscienza è proiettarsi verso l’esterno, richiamando a noi situazioni e persone che abbiano un campo energetico vibrazionale in sintonia con quello del nostro inconscio. Tutto ciò che risiede nella profondità del nostro essere verrà manifestato attraverso gli altri che diventano essi stessi  strumento di conoscenza della nostra interiorità. Tale principio è altresì riportato nel Vangelo secondo Tommaso versetto numero cinque: ‘Gesù disse ‘Conosci ciò che ti sta davanti e ciò che ti è nascosto ti verrà rilevato, poiché non vi è nulla di nascosto che non venga un giorno rilevato’ . Praticamente, ad esempio, se una persona considera la rabbia un sentimento contrario ai propri principi, la ripudierà a  livello mentale perché ritenuta sbagliata e tenderà a reprimerla.

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Quest’emozione, vibrando come un diapason, andrà ad attrarre a sé  persone che si trovano sulla stessa frequenza, individui dal temperamento facilmente incendiabile che adottano spesso atteggiamenti aggressivi, affinché la rabbia repressa venga  riconosciuta dalla coscienza e accettata come tale, ossia: una reazione affettiva non  giudicabile che ha lo scopo di difendere il proprio valore dagli attacchi esterni. Così come le persone in cui giace la ferita d’abbandono si troveranno a dover fronteggiare eventi ripetitivi in cui gli individui per i quali nutrono sentimenti nobili improvvisamente spariranno dallo loro vita senza un’apparente motivazione; e la donna che crede, sulla base di vissuti traumatizzanti, che tutti gli uomini siano infedeli inevitabilmente incontrerà sul suo cammino persone che instaureranno con lei relazioni poligame, perché sarà una credenza a dirigerle la  vita. Tutte queste situazioni saranno fonte di grande sofferenza psichica e la mente vorrà in tutti modi fuggire dal dolore attuando, al verificarsi dell’evento temuto e in maniera automatica, diverse strategie di difesa apprese durante l’età infantile. Colpevolizzando l’evento esterno come causa del malessere verrà considerato l’altro l’avversario, il nemico da combattere, mediante tecniche di contrattacco, manipolazione, vendetta, fuga eccettera. Fin quando si lascerà alla mente il dominio della nostra vita non ci si evolve ma le situazioni in loop continueranno a ripetersi fin quando, anziché rivolgere l’attenzione verso l’esterno, non ci rivolgiamo verso noi stessi e nell’osservazione silenziosa, prestiamo ascolto a queste emozioni che scorrono in noi e fluendo le lasciamo andare, dando ad esse il permesso di trasmutarsi.

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La legge dello specchio non opera solo in situazioni che provocano in noi emozioni forti, comunemente considerate spiacevoli e difficili da gestire, ma anche in quelle occasioni in cui intraprendiamo relazioni con persone di cui nutriamo profonda stima ed ammirazione per peculiari caratteristiche che esse possiedono. Anche in questo caso, questa tipologia di soggetti, riflettono un’immagine di noi piacevole che mette in evidenza aspetti comportamentali, qualità e pregi di cui siamo già in possesso che, simili a dei germogli, richiedono di essere riconosciuti dalla coscienza per poter sbocciare ed essere portati in campo nel vissuto quotidiano.

Il miglior modo per conoscere in pronfondità sé stessi è il campo relazionale, in quanto gli altri ci offrono l’opportunità di venire a conoscenza del nostro livello di evoluzione interiore attraverso le vibrazioni che emanano.

Claudia Tartaglia

Fonte : https://www.facebook.com/confessionidallanatura

Immagine : https://www.pinterest.it/pin/438045501255955862/

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