Ciao Anime,
Dopo un po’ di silenzio rieccomi qui.
Mi dispiace per l’assenza, ma è stata necessaria per proseguire i miei studi, lavorare e creare cose nuove.

Scrivo questo post in risposta alle tante clienti con lo stesso quesito: cosa sta accadendo?

Per rispondere metto a servizio l’arcano maggiore che esce più di frequente a questo tipo di domanda: L’Appeso.

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È l’arcano numero 12, preceduto dall’arcano della Giustizia, dove l’anima ha avuto modo di entrare in contatto con il suo karma, con le regole con cui ha deciso di incarnarsi, e lascerà posto all’arcano numero 13, l’innominabile, la morte, dove a quel punto, ciò che l’anima sperimenterà con L’Appeso, sperimenterà una grande trasformazione.

Qui vediamo un uomo appeso a testa in giù su una trave in vegetazione, con le mani dietro alla schiena, la testa illuminata, con una gamba forma un triangolo, lo sfondo grigio e le scarpe gialle.

Qui il corpo assume una posizione illusoria poiché non è nella sua posizione naturale: la percepiamo punitiva, ma di punitivo non ha niente.
È la sacralità immensa del suo coraggio a creare l’illusione della punizione, troppo sacra ed inconcepibile per la nostra società questa fase che subito viene giudicata.

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A testa in giù lo sguardo vede ciò che in piedi non vedrebbe, guarda le cose da altri punti di vista, osservando ciò che non noterebbe.
Il sangue e l’ossigeno non scorrono nello stesso modo di una posizione eretta: qui circolano in un modo anomalo, ma ottimale per andare ad attivare i punti ombra che aprono i portali della coscienza necessari ad incanalare le nuove informazioni colte da questa posizione.

Osservandone il viso possiamo vedere la sua serenità nonostante l’illusione e l’immagine collettiva che agisce dentro di noi quando lo guardiamo , lui è in pace.
È in pace perché ha accettato le meccaniche universali in atto che lo stanno attraversando in tutte le sue dimensioni, movimento dimostrato dall’aureola dorata intorno al viso che parla di illuminazione.

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L’illuminazione su ciò che ‘è’ per lui e la sua anima è data dal cambio di prospettiva: appendendosi le nuove informazioni fluiscono senza blocchi.

Le mani dietro alla schiena sono un gesto simbolico molto potente: lui non può agire.
Forse non vuole.
Forse sono mani legate da una corda?
O le incrocia da solo per mantenere più a lungo questa posizione sacra?
In questa posizione non è tempo di agire, non è tempo di fare, performare, correre, nascondersi.
È solo tempo di stare.
Lì.
Fermi.
In pace.
Osservare ciò che è in atto, osservare da altri punti di vista inesplorati, affidandosi alla trave solida che lo sostiene.

La trave è di legno, il legno è l’albero, l’albero sono le radici, le radici sono gli antenati: anche nelle situazioni più impensabili le radici lo sostengono affinché non cada.

Anche le sue scarpe sono gialle, segno che l’illuminazione e il movimento in atto lo ha interiorizzato dalla testa ai piedi.
È totalmente allineato con ciò che l’anima ha bisogno di sperimentare.

I vestiti sono rossi e blu e rappresentano corpo e spirito.

Qui c’è la vita che scorre dalla vegetazione della trave, c’è lo sfondo grigio inteso come neutralità ne bene né male, siamo oltre alla dualità.

La posizione delle gambe è data da una sua ricerca di equilibrio: avendo perso il contatto tella terra sotto ai piedi ora non ha la materia su cui affidarsi per stare in equilibrio, cerca la soluzione adatta per non farsi travolgere dai venti trasversali.

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Così restando lui vede sé stesso: percepisce il suo sistema di convinzioni, le forme pensiero, i dictates e i lignaggi che vivono nel suo inconscio, i movimenti del suo albero genealogico, le sue meccaniche e gli automatismi che si attivano impedendogli di vivere appieno la sua incarnazione.
Da qui lui vede la realtà che è in grado di manifestare.

Qui siamo in un momento molto sacro perché è tempo di grandi consapevolezze, scomode alla mente, ma vitali per il cuore.

Qui possiamo tirare fuori tutto, possiamo urlare, piangere, gridare. Possiamo svuotarci da tutto.

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Osservando così, senza agire, come osserviamo l’acqua in un fiume mentre scorre.
Osservare la voglia di interferire e metterci mano chiedendosi: quanto io sono disponibile a lasciare andare?
Quanto io ho accumulato fiducia nella vita?
Quanto io riesco a consapevolizzare i miei lati umani?

Osservando riusciamo ad integrare.
L’anima rimane qui affinché tutto ciò che deve emergere emerga,per poi entrare nell’arcano numero 13: morire a sé stessi per poi rinascere.

Ora è così, lasciando che fuori sia e che dentro le radici nel cuore siano forti.

A presto anime,
#moonyandtarots

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