In questo periodo di chiusura, sicuramente ci siamo trovati ad affrontare noi stessi e la nostra emotività su un piano completamente diverso, molto ravvicinato, come se il nostro ventre e tutto ciò che vortica intorno al nostro ombelico fosse improvvisamente sotto la lente d’ingrandimento. Banchi di informazioni emozionali da cui ci siamo tenuti alla larga da tanto tempo si svelano, con tutto il loro carico. Come ce la caviamo con la capacità di fare chiarezza a questo livello? Quanti bersagli inconsci abbiamo, che ci fanno scattare con aggressività, non appena qualcuno spinge il bottone?
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Sappiamo identificare ciò che sentiamo con lucidità e sincerità? Quanta rabbia è nascosta dentro di noi, di cui non ci rendiamo neanche conto? Ci siamo mai permessi di esprimere i nostri sentimenti? A volte ci reprimiamo solo per compiacere qualcuno, per sentirci più amati ed accettati. E nel frattempo il nostro corpo emozionale si restringe sempre più e può accadere di sentirsi a disagio in compagnia di noi stessi. La maggior parte di noi tendono a reprimere quell’onda forte, che in realtà rappresenta la possibilità di mantenersi sani ed in equilibrio. Lo si fa per convenzione, per cecità emotiva, per sordità verso la voce interiore, per buona coscienza, per paura di tradire un sistema, molteplici ragioni. Però quella stessa energia spinge comunque, senza però essere direzionata: spinge, noi la si reprime e quella esplode. Ovviamente a quel punto si crea uno scompenso, la reazione sarà assolutamente spropositata, perché è la spinta della forza vitale a lungo repressa. Forza vitale, energia panica, spinta della Vita: non può essere sedata, nessun umano è in grado di farlo. Sarebbe come chiudere una falla in una diga tappando il buco con un dito. L’energia panica, la Vita che spinge, è la stessa che crea le crisi di panico, quando cerchiamo di controllare la vita stessa. L’etimologia della parola deriva da Pan, creatura mitica, mezzo umano e mezzo capro, simbolo della sessualità e dell’istinto. Quanto noi umani moderni totalmente mentalizzati ci siamo allontanati dal corpo e dal suo linguaggio di verità innegabile!
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Il nostro sistema umano chiede continuamente di essere alleggerito, di poter lasciar andare le zavorre emozionali che ci hanno garantito sì la sopravvivenza, ma non necessariamente il benessere. Tutti i disagi fisici nascono prima come squilibrio emozionale. Ma quanta negazione c’è nella nostra cultura rispetto a questo. Eppure permettendosi di esplorare il mondo emozionale andiamo ad attingere ad una grande forza interiore, si chiama centratura, l’Osservatore che lascia che le cose accadano, supportando l’espressione emotiva con il giusto di distacco: grido la rabbia con la consapevolezza di non essere la mia rabbia, lo faccio perché la sento ed esprimerla mi fa bene, delimita i miei confini. Conoscere i propri confini significa sapere dire no, spostarsi dalla disponibilità a oltranza e pensare a se stessi, al di là di ciò che gli altri pensano di noi. Nell’inconscio abbiamo il nostro bello schema che nasce dalla relazione con la madre: come posso io permettermi di dire di no alla mamma, anche se ciò che mi chiede mi costa fatica? Rischierò che non mi ami più, e se ciò accade, io muoio.
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Ecco qua, il punto focale. Il nostro sentire, l’intelligenza viscerale, si basa sulla qualità dell’incontro principale della nostra vita, quella con la figura materna. Sappiamo bene come veniamo forgiati da questa relazione, e spesso la maggior parte delle problematiche che viviamo, soprattutto a livello relazionale, nascono da come abbiamo integrato il modello materno.
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Tuttavia, il movimento di solitudine o di soffocante convivenza, può aver portato a consapevolezza quanto sia importante uscire da questi strascichi di cui ogni umano su questa Terra porta i segni. Occorre prendersi la responsabilità di volerci rendere felici, conoscendo se stessi, scoprendo cosa ci renda felici, gioiosi, entusiasti. Se la gola sembra essere chiusa in una morsa, se lo stomaco è bloccato dalla tensione, sarebbe bene intanto prendere contatto con le emozioni che hanno preso forma di morsa e tensione. Appoggiando una mano sulla gola, sullo stomaco e respirando in maniera consapevole, cosa succede? Cosa dice il corpo? Quali immagini arrivano alla mente? Soprattutto, possiamo permetterci di esprimere tutte quelle tensioni? Il corpo può aiutare moltissimo in questo, nello svolgere un’attività fisica che permetta di lasciar andare e riattivare la circolazione bloccata dell’energia vitale. Possiamo farlo? Ci sentiamo di prenderci questa responsabilità? Sicuramente ci sentiremo meglio, più leggeri, ed è anche possibile che la visione della vita inizi a cambiare. Probabilmente lo strato di gelo e compressione dietro cui ci siamo protetti, comincia a sciogliersi, e quello che giaceva sotto emerge: ciò che siamo oltre le emozioni negate, oltre la rabbia, oltre i condizionamenti ed anche oltre i bisogni. Questo tipo di processo porta in emersione il piccolo Fuoco chiamato Essenza.
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La crisi panica è un preciso richiamo che parte da lì, la verità vuole essere rispettata. Sarebbe bene ritirarsi in uno stato di silenzio, dove possa emergere ciò che sentiamo vero. Se anche non riusciamo poi ad esprimere quella verità, non importa. Arriverà il momento in cui tutte le nostre parti insieme saranno pronte ad entrare dentro un tipo di manifestazione fluida di noi stessi. La cosa importante è prenderne coscienza. Ora lasciamoci essere, è una grande prova d’amore.
In lak’ech!
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