L’antica voce delle valli

«Due voci possenti ha il mondo:
la voce del mare e la voce della montagna»
William Wordsworth

C’è qualcosa di più evocativo di un tuono che rimbomba alle pendici dei monti? Un suono primordiale che precipita dal cielo e si infrange sulle rocce; attraversa distese di alberi e piccoli agglomerati di case, per scuoterci nei nostri ripari sicuri.
Ci raggiunge nelle nostre case e ci ricorda che c’è qualcosa che non possiamo controllare né imbrigliare. Una potenza, un principio ignoto che va oltre la nostra possibilità di partecipazione attiva.

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Tutto questo ci fa bene. Siamo così abituati a temere l’ignoto che non ascoltiamo più le sue manifestazioni. La mente si libera e si decongestiona davanti a ciò che non può controllare: non possiamo farci nulla e dunque, dopo aver preso le più ragionevoli precauzioni, ci affidiamo. Fermiamo il nostro incessante operare e ascoltiamo. Recuperiamo la dimensione dei sensi, in qualche caso riusciamo a intuire la perfezione e la bellezza che sta dietro ogni evento.

I temporali di montagna sono eventi straordinari. Fin da quando le nubi iniziano a radunarsi, aumentando la loro velocità e la loro densità, si avverte l’aria cambiare: più fredda, leggera, ricca di ioni e carica di elettricità. Pennellate piene di passione avviluppano il cielo e qualche volta i nostri cuori.
Nel linguaggio silenzioso della natura (una lingua che il nostro corpo conosce bene) è chiaro il segnale che un profondo cambiamento è prossimo e immediato.
Gli uccelli volano rapidi, rapiti dalla forza che sta per scatenarsi. Cambiano gli odori: la vegetazione si appresta a sostenere lo stress delle improvvise raffiche di vento e dello scrosciare dell’acqua, possiamo percepire distintamente il profumo delle foglie, più selvatico e intenso. Anche l’odore della terra sembra più pungente, forse le zolle attendono con ardore il bacio fugace del fulmine celeste.

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Improvvisamente il nostro cielo diviene teatro silenzioso di qualcosa di più grande, qualcosa che solo la nostra coscienza più profonda può realmente interpretare.
La montagna è il luogo mistico dove Cielo e Terra si incontrano. Sui monti, da sempre, avvengono le più importanti teofanie: manifestazioni dello sta-ordinario in cui l’assoluto si rivela con i suoi caratteri irraggiungibili.
Dal monte Meru, centro spirituale dell’Oriente, all’Olimpo, dimora degli antichi dèi; dall’Ararat al Parnaso, dal Sinai fino all’Elicona. In questa linea di confine, tra sedimenti antichi quanto il nostro pianeta e il profilo eterno del cielo che ci sovrasta, l’essere umano si ricorda che esiste spazio. Uno spazio pieno di vita e di speranze, di idee e di tutto quello che in questa vita frenetica ci lasciamo sfuggire.

Il Codice dell'Anima

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Io ho l’abitudine di andare con la mente indietro nel tempo. Mi piace immaginare come dovevano essere percepiti questi eventi atmosferici dai nostri antenati: coloro che attraversavano la terra quando non esistevano città, cacofonie di suoni, disastri ecologici e devastazioni psichiche.
Come poteva essere, ascoltare un tuono in una radura ai margini di un fitto bosco di conifere? E’ difficile immaginare oggi un’atmosfera pervasa, per intero, da suoni naturali. Difficile proiettare la mente oltre la cortina di grigio, per stagliarsi con la fantasia in un regno popolato da alberi dal portamento talmente fiero da sembrare creature divine. Siamo ancora capaci di immaginare un cielo incontaminato dalle luci artificiali? Un cielo che risplende soltanto dell’incantato riverbero degli astri. Come deve essere stata l’aria che respiravano quegli uomini, vivi agli albori dei tempi? Cristallina, leggera e rarefatta, così intrisa di ossigeno da rendere facile e felice l’esistenza grazie al solo respiro.

E’ così che è giunto a noi il carattere numinoso della Natura con le sue manifestazioni incontrollabili. Ci sono giunte le canzoni norrene di Thor, dio nordico del tuono e della folgore, che quando muove il suo carro oltre le cortine delle nubi scatena la furia del tuono, ma lo fa a scopo protettivo, la sua natura benefica tranquillizzava le popolazioni e gli animi. Accanto a Thor c’erano Indra, Taranis e il nostro Juppiter: dèi che sono εἴδωλα (eidola, immagini), immagini originarie e primordiali in bilico tra il conscio e l’inconscio, tra una realtà fatta di cose e una realtà permeata di sacro e di bellezza.

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Partecipare a uno stato di vita naturale ci apre gli occhi verso i veri modelli cui si ispira la nostra vita, verso i contenuti sommersi che sorgono dall’inconscio e interagiscono in tutti gli aspetti della nostra esistenza. In un suo testo Hillman dice: “le proiezioni degli uomini hanno costruito il mondo”. Finchè l’uomo ha compreso e ascoltato il vero carattere della natura, ha costruito opere artistiche, miti intramontabili, ha goduto di spazi naturali e incontaminati. Oggi le proiezioni dell’uomo non sono altro che paure, idee parzializzate e distorte, frutto di presunzione e molto spesso di ignoranza: il mondo che costruiamo è la diretta conseguenza di questo nostro pensare e sentire disarmonico.
Camminiamo nel mistero delle nostre origini e della nostra meta, in un giardino inesplorato che per intero è Anima e bellezza, un mondo dove un tuono è poesia e lo scrosciare della pioggia l’antica lettera d’amore che il Cielo regala alla Terra.

«Io ho veduto tempeste nelle quali i venti mugghianti sradicavano le antiche querce; ed ho veduto l’Oceano ambizioso gonfiarsi, e tutto spumeggiante di rabbia avventurarsi colle bianche sue cime fra le minacciose nubi»William Shakespeare, Giulio Cesare

Fonte :http://animater.org/2015/08/18/la-voce-delle-valli/

 

 

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